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Con la nostra guida scoprirai la storia di Racalmuto, i suoi monumenti, i personaggi e le sue antiche tradizioni.     


I Castelli 

 Il Castello Chiaramontan

Il castello chiaramontano ha origini che risalgono al XIV secolo, fu edificato su strutture murarie militari risalenti al ‘200, al tempo della baronia di Roberto Malcovenant, un nobile francese arrivato in Sicilia al seguito di Re Ruggero d’Altavilla. Federico II Chiaramonte, avutane la proprietà insieme al feudo circostante da Federico d’Aragona, rifondò all’inizio del ‘300 la struttura che risaliva ancora al periodo dei Malcovenant, rendendola più imponente e maestosa.


La costruzione castellare, ubicata nel cuore storico di Racalmuto, si sviluppava in origine su tre livelli uniformi, simili anche nella suddivisione e successione dei vani interni comunicanti tra loro e delimitanti il patio interno. La cinta muraria del castello, dallo spessore di circa 2 mt., è caratterizzata, nell’ala Sud, dalla presenza di due grandi torri circolari, la destra delle quali nel corso dell’ultimo esteso intervento di restauro interno è stato adattata a belvedere. Il lato a Sud-Ovest è delimitato da piccole costruzioni e il versante Nord da due file di dodici finestre con un muro di cinta che racchiude un appezzamento di terreno.


Il complesso monumentale è stato da poco ristrutturato con lavori che si sono susseguiti nel tempo che hanno riguardato in un primo periodo alla fine degli anni novanta del secolo scorso le stanze interne e recentemente invece, anche il cortile interno.


Il Castello è proprietà comunale ed è diventato punto di riferimento per le varie iniziative culturali che si svolgono durante l’anno a Racalmuto.


 

Gibillina, il Castelluccio Svevo

Costruito negli anni 30 del Duecento per volere di Federico II, ha le caratteristiche dei castellucci svevi: forma parallelepipeda, facce lisce, cantonali con conci squadrati.

Assolveva a molteplici funzioni: centro direzionale del feudo, magazzino imperiale per lo stoccaggio del frumento, sollazzo del sovrano per la caccia col falcone.



Nel Trecento perviene ai Chiaramonte che vi apportarono modifiche alle aperture. 

Appartenuto a varie famiglie feudali, sempre staccato dal feudo di Racalmuto, nell'Ottocento fu aggregato al suo territorio comunale. L'ultima famiglia nobile a possedere Gibillina fu la Trigona di Sant'Elia fino al 1971.

Proprietà privata. Dal 2001 sono iniziati i restauri di consolidamento. 

Testo Angelo Cutaia, Storico

  • Fontana 9 Cannoli

    E' un'opera architettonica di particolare importanza, un'opera pubblica che tutt'oggi si ammira. Venne appaltata, su progetto di Fra Vincenzo di Carini, verso la fine del 1846 dal sindaco Giovanni Scibetta Giudice per una spesa complessiva di ducati 426,17 e inaugurata il 12 aprile del 1847. La fontana è alimentata dal torrente, chiamato canale, le cui acque furono convogliate a valle del paese nel 1875.
    E'situata a valle del centro abitato, nel mezzo dell' omonima Piazza sovrastata dall'imponenza del Castello Chiaramontano e di recente restaurata con una pavimentazione in lastroni di pietra che ha sostituito il consunto acciottolato. La fontana "di li novi cannola", così chiamata appunto perché ha nove getti d'acqua, ha pianta rettangolare con annesso abbeveratoio per gli animali e lavatoio circolare sui cui bordi si possono ancora ammirare le rocce scavate dall'incessante battere dei panni delle donne. Sulla facciata vi è una finestra cieca non rifinita ed in alto sulla cornice di chiusura sono allocati alle due estremità altrettanti vasi floreali in pietra

    Fontana del Raffo

    La fontana ricade in contrada Raffo, zona che presenta bellezze incantevoli, in cui si ebbere i primi insediamenti arabi. La parola RAFFO, nettamente di orgine araba, deriva da GARAF che significa abbondanza di acqua.

    Fontana di San Mattè

    Le fontane lungo i sentieri di campagna, sono un simbolo tipico della vita di un tempo. Abbeveratoi di suggestiva bellezza dissetavano gli animali e irrigavano i campi come quella di San Matteo, vicina al raffo e ai resti di un' antica ghiacciaia



    Gli altri Monumenti

    Fondazione "Leonardo Sciascia"

    La Fondazione Leonardo Sciascia, ente morale giuridicamente riconosciuto, è stata istituita dal Comune di Racalmuto d’intesa con lo scrittore, che le ha donato una pregevole collezione di ritratti di scrittori, quasi tutte le edizioni italiane e straniere dei suoi libri, le lettere ricevute in mezzo secolo d’attività letteraria e circa 2000 volumi della sua biblioteca. Il Comune di Racalmuto ha acquistato dall’ENEL un edificio già sede di una centrale elettrica e lo ha trasformato, su progetto dell’arch. Antonio Foscari dell’Università di Venezia, in sede della Fondazione


    Il teatro Regina Margherita

    L'amministrazione comunale, sindaco Gaspare Matrona ne deliberò la realizzazione il 19 dicembre 1870. Per la realizzazione dell'opera fu destinata l'area del giardino del Monastero di Santa Chiara del 1605, che a seguito esproprio, era stato adibito ad usi pubblici. Il teatro fu inaugurato il 9 novembre 1880, alla presenza dell'allora Ministro dei Lavori Pubblici Francesco Paolo Perez.Dotato di 250 posti, fossa mistica, due ordini di palchi e loggione fu progettato dall’architetto Dionisio Sciascia allievo di Filippo Basile che aveva a sua volta progettato il teatro Massimo di Palermo, e forse proprio per questo viene definito “il Massimo in miniatura”.


    Scultura tridimensionale di Leonardo Sciascia

    La scultura tridimensionale in bronzo di Leonardo Sciascia è un'opera dello scultore racalmutese Giuseppe Agnello. È stata inaugurata il 25 Ottobre del 1997 e collocata sul marciapiede in pieno centro storico, lungo il Corso Garibaldi, davanti l’ex Banco di Sicilia, nei pressi della Chiesa Madre, sito ove spesso si poteva incontrare lo scrittore. La scultura, offre un'immagine realistica di Sciascia mentre passeggia, tenendo fra le dita la sua inseparabile sigaretta ed è rappresentata ad altezza uomo, dando la suggestione che sia ancora fra la sua gente.

    Anita Sciortino



    Ex mattatoio comunale

    L’ex mattatoio comunale sorge nella zona più antica del paese che a tutt'oggi conserva l'originario tracciato tardo medievale. La struttura costruita nel 1870 per volere del sindaco Matrona costituisce un esempio di come a quei tempi si tentò di dare nuovo volto ad una cittadina che tradizionalmente legata alla civiltà contadina grazie allo sviluppo delle miniere si avviava ad entrare nella civiltà industriale

    Duomo S. Maria dell'Annunziata

    Il 20 giugno del 1620, viene benedetta dal Vescovo di Girgenti e definitivamente elevata a Chiesa Madre. La Chiesa Madre è il luogo di culto più grande del paese con i suoi 50 mt. di lunghezza e i 16 di larghezza. Il prospetto principale ricade sul Corso Garibaldi, non molto distante dal Castello Chiaramontano. La facciata esterna, in stile gotico, divisa in tre settori, si caratterizza per le due torri campanarie alte 50 mt., che si ergono lateralmente e sono sormontate da guglie e pinnacoli. Un orologio meccanico è posto sulla parete alta di una delle torri mentre sull'altra torre campanaria c'è la meridiana. Particolari interessanti della facciata centrale sono il portale, il portone in ferro donato nel 1871 dall'Amministrazione degli Eredi di Don Calogero Mantia, le decorazioni ad archi ciechi con bifore a sesto acuto, il rosone centrale a otto lobi e la lunetta sul timpano del frontone triangolare. La Chiesa è a tre navate con due ordini di colonne che reggono le arcate a tutto sesto. L'interno è ricco di stucchi, grande profusione di ori, putti e bassorilievi realizzati da F. Lebrotti (barocco seicentesco). Di notevole pregio artistico è il paliotto dell'altare in argento sbalzato (1750) decorato in oro. Sovrasta l'altare centrale, tutto in legno policromo, il gruppo statuario dell'Annunziata e dell'Arcangelo Gabriele. Di grande valore un reliquario d'argento, contenente le reliquie di Santa Rosalia. All'interno della Matrice si conservano importanti tele del pittore racalmutese Pietro D'Asaro. Di rilevante importanza storica è l'Archivio Parrocchiale custodito entro la Matrice.

    Santuario Maria SS. del Monte

    Nel secolo XV veniva eretta una piccola chiesa sulla sommità di una collina denominata"lu Munti", alla periferia ovest del paese di Racalmuto. Nei pressi di detta Chiesa scorreva una sorgente d'acqua. La tradizione attribuisce la dedicazione a S. Lucia ma manca una valida documentazione. Nel 1543 la Chiesa porta il nome di Santa Maria di lu Munti. L'attuale Chiesa venne edificata con il titolo di "Maria SS. Del Monte" tra il 1736- 1747 dal sacerdote Pietro Signorino. Pertanto la vecchia Chiesa viene demolita tranne il campanile che rimarrà al suo posto sino ai primi dell' 800 quando si provvede alla costruzione di uno nuovo adatto alla struttura e alle proporzioni della Chiesa. Il 12 giugno del 1938 si celebrò l'incoronazione della Madonna del Monte a Regina del paese di Racalmuto. Il vescovo di Agrigento Mons. Giovanni Peruzzo pose le corone d'oro, ricavato dalla fusione degli ex voto, sul capo del Bambino e della Vergine Maria. Il 24 maggio del 1940 la Chiesa venne insignita col titolo di Grande Santuario. Nel 1988, a distanza di cinquant'anni, la Madonna venne incoronata nuovamente.

    Si accede al Santuario attraverso due ingressi: l'uno, il portale principale, che si apre in un piccolo sagrato circolare, "Firriatu di lu Munti" dal quale un'ampia e lunga gradinata (fine del XVIII) "Scalinata di lu Munti", delimitata ai lati da spesse ed alte mura, congiunge la Chiesa a "lu Chianu di la Batia", oggi Via Vittorio Emanuele. Dal secondo accesso si accede dal Largo Monte . L'edificio, di stile barocco, ha la facciata principale divisa in tre sezioni trabeate con, ai lati esterni, lesene che sorreggono il timpano di coronamento ad arco ribassato, traforato al centro da un rosone in pietra. Sulla sommità del prospetto, trova alloggio una riproduzione marmorea della Madonna del Monte del peso di 7 quintali ivi collocata nel 1958. Il campanile, di elevata altezza dal suolo venne realizzato in blocchi di pietra squadrata e ad ispirazione di modelli moreschi: forma a torre con pianta quadrata. Entrando dall'ingresso principale l'attenzione viene colpita dal monumentale altare maggiore ligneo, alto sei metri, inaugurato nel 1777 ed eretto a cura di Antonino Lo Brutto. Presenta una scalinata che dalla mensa del sacrificio converge verso il trono della Vergine che si raggiunge salendo dodici gradini, la cui alzata è guarnita da tessere di vetro di diversa forma e colore. Esso custodisce la marmorea statua gaginiana della Vergine con in braccio il Bambino Gesù arrivata a Racalmuto nel 1503. La Vergine è circondata da nove angeli. Le pareti laterali dell'abside sono occupate da due grandi tele di autore ignoto del ‘600, raffiguranti la storia della venuta della statua della Madonna a Racalmuto. Un meraviglioso affresco, che riproduce l'Assunta, realizzata dal pittore Vincenzo Manzelli nel 1891, domina la grande navata. Attualmente la Chiesa presenta nella fiancata destra gli altari dedicati a San Giuseppe, Santa Lucia, l'Immacolata, la Madonna del Rosario. Sulla sinistra sono posti gli altari dedicati a San Francesco di Paola, al Crocifisso e l'Addolorata, alla Resurrezione e all'urna del Cristo morto. Nella stessa fiancata si osservano due dipinti ad olio su tela: il primo rappresenta la Vergine che appare a San Biagio, attribuito al pittore racalmutese Pietro D'Asaro, datato oltre il 1623. Seguendo la parete si vede un monumento funereo in marmo ove si conservano le ceneri del Padre Elia Lauricella. Dopo l'ingresso laterale si osserva un bassorilievo del '500 in alabastro che nella parte centrale raffigura la Resurrezione di Gesù. All'intorno in sei pannelli sono rappresentate scene della passione di Gesù. L'opera è arricchita da cornici, lesene e decorazioni.


    Chiesa di S.  Giuseppe

    Sorge come Oratorio eretto dalla Ven. Compagnia di San Giuseppe nella seconda metā del '600. Nel 1736 ha inizio la costruzione della nuova Chiesa completata nel 1760. Miglioramenti vengono apportati alla Chiesa negli anni successivi, sia all'interno che nel prospetto principale, fino al 1801. Nel 1934 si riforma la torre del campanile che viene ampliata ed innalzata per dar posto a una terza campana che viene benedetta il 30 maggio 1935. La Chiesa è ubicata in Piazza Umberto I, nei pressi del Castello Chiaramonte, ha un ingresso principale, arricchito dall'intaglio di pietra della porta e dall'ornato della stessa. Ha anche un'entrata laterale e una terza che immette in sacrestia. L'altare maggiore ha in alto delle nicchie dove sono le immagini di alcuni Santi Martiri. Gli altari, in numero di sette sono: l'Altare Maggiore dedicato a San Giuseppe, gli altri intitolati alla Madonna di Fatima, al SS. Cuore di Gesù, al Buon Pastore, al SS. Crocifisso, all'Ecce Homo e a Santa Rita. Tra le testimonianze artistiche, al suo interno, si ammirano sei medaglioni dipinti ad olio su tela il quadretto dell'Addolorata, posto ai piedi del Crocifisso, è opera del pittore racalmutese Vincenzo Lipani (1761).

    Chiesa del Carmelo

    L'iscrizione sepolcrale tutt'ora visibile entro la Chiesa della Madonna del Carmelo, dedicata al Priore Paolo Fanara, priore dal 1575 al 1621, è la testimonianza più significativa per datare attorno alla metà del '500 l'edificazione del Convento dell'ordine dei Carmelitani ad essa annesso. La Chiesa agli inizi del '600 è arricchita dai due pregevoli dipinti di Pietro D'Asaro: la Sacra Famiglia ed il Crocifisso con i Santi Ausiliatori. La Chiesa, nel 1935, accoglie nella sua più capace sede la Parrocchia di Santa Maria della Rocca e nel 1949 è elevata a Parrocchia col titolo di B.M.V. del Monte Carmelo. La Chiesa sorge nella parte più alta del paese, nel quartiere del Carmelo. Vi si accede da una gradinata esterna a due rampe contrapposte protetta da un'artistica ringhiera in ferro. Sulla facciata, occupata da lesene binate che sostengono il timpano triangolare sormontato da una croce di ferro battuto, si apre un grande portale sovrastato da una finestra. Arretrata rispetto alla facciata si innalza la torre campanaria, con orologio, terminante a piramide. L'interno si presenta a croce latina, ad unica navata terminante con un presbiterio ad abside circolare. All'ingresso è il Sarcofago in granito rosso, poggiato su due sostegni a foggia di pantera, ove è sepolto Girolamo II Del Carretto, assassinato l'anno 1622. Sulla parete absidale si trova l'altare centrale in marmo policromo sovrastato da una nicchia in cui è collocata la statua della Madonna del Carmelo che consegna il Sacro Scapolare a San Simone Stock. Agli altari laterali sono collocate, sulla sinistra, le statue di S. Giuseppe, l'Immacolata, Santa Teresa del Bambino Gesù, S. Giovanni Battista e sulla destra il S. Cuore di Gesù e S. Spiridione. Inoltre al suo interno si ammira il dipinto del De Bernardis rappresentante la visione di Cristo a Santa Maria Maddalena De' Pazzi (1786). E' legato alla Chiesa il rito della Crocefissione di Gesù il venerdì santo: sopra la scalinata, che simboleggia il Golgota, il Nazareno viene messo in croce.

    Chiesa di S. Francesco e Convento 

    Non vi è certezza sulla data della fondazione sia della Chiesa che dell'annesso Convento di San Francesco, poiché, come scrive il Cagliola, padre francescano conventuale, "al tempo della peste ebbero a disperdersi i documenti di Archivio". E' del 1545 il più antico documento, un legato a favore di detto Convento. L'edificio, comunque, non venne mai completato anche se nei primi del '900 Padre Cipolla si propone il restauro e il completamento del tempio. Nel 1926 si eressero gli altari in marmo di San Calogero e Sant'Antonio. Il Convento di San Francesco rimane l'unica costruzione del '500 che ha conservato integra la sua linea architettonica anche se dopo la soppressione ha subito dei mutamenti a seguito della sua destinazione a carcere nel XIX secolo e nella prima metà del XX.
    La Chiesa sorge in Piazza San Francesco, è intitolata al santo di Assisi e si venerano anche l'Immacolata e San Calogero. La facciata incompleta e priva di ornamenti è delimitata ai lati da robusti cantonali in massi di pietra squadrata. Alla sommità del frontone, in posizione centrale, vi è una finestra priva di infissi con ai lati altre due più piccole. Rimasta incompleta rispetto al progetto iniziale, è una Chiesa originale per l'ingresso a cielo aperto di forma rettangolare dove lo spazio è tripartito da due arcate a tutto sesto rette da colonne quadrangolari. All'interno della chiesa, a croce latina, si ammira un monumentale altare maggiore in legno dell'Ortisei, alla cui sommità è la statua dell'Immacolata. Si apprezzano inoltre: un'artistica vara con l'Immacolata, anch'essa in legno dell'Ortisei; un dipinto raffigurante la Transverberazione di San Francesco d'Assisi, datato 1835, opera del pittore Carmelo De Simone; una tela raffigurante San Bonaventura del pittore Marco Martino, datata 1831; una piccola statua in legno dell'Immacolata, posta nella sacrestia e un pregevole antico organo a mantice.

    Chiesa di S. Giuliano

    È edificata nel corso del '500 ma l'intero progetto non venne mai realizzato. Alla Chiesa, nel 1614, viene annesso l'omonimo Convento degli Agostiniani Riformati di San Adriano, promotori il Conte Girolamo del Carretto e frate Evodio Di Polizzi; gli Agostiniani vi soggiornano fino agli ultimi del '700. Nel 1935 la Chiesa viene elevata a Parrocchia. L'interno è a una sola navata. L'altare maggiore in marmo presenta una mensa che poggia anteriormente su due colonnine per lato in marmo rosso terminanti con capitelli ornati. Sull'abside troviamo una nicchia, dentro un tempietto con duplice serie di colonne per lato che sostengono un timpano triangolare, in cui è collocata la statua di Maria SS. delle Grazie. Sull'altare intitolato a San Giuliano si ammira il quadro rappresentante il Santo, dipinto nel 1608 da Pietro D'Asaro. Interessanti anche un dipinto della Madonna della Cintura ed una statua lignea di San Marco.

    Chiesa di S. Michele Arcangelo

    Fondata dal Sac. Don Gerlando Morreale, che con disposizione testamentaria del 1642 nomina "erede particolare la Chiesa B. S. Michele Arcangelo", nel 1649 pur incompleta, ospiterà la Congregazione delle anime Sante del Purgatorio che subirà uno sfratto nel 1797. Nello stesso anno anche la Chiesa viene interdetta a causa delle precarie condizioni della fabbrica. Nei primi dell'ottocento viene riedificata per volontà e beneficio testamentario del Barone Giuseppe Tulumello, con la condizione che la Chiesa rimanga ad uso esclusivo del Collegio di Maria fondato nel 1792. Da allora è comunemente chiamata "Chiesa del Collegio". La nuova Chiesa riceve la benedizione inaugurale il 12 novembre 1808.

    8.338


    ABITANTI

    455


    METRI m. S.L.M.

    18


    KM da AGRIGENTO, dai
    TEMPLI e
    dal MARE

    92020


    C.A.P.

    LEONARDO SCIASCIA

    Scrittore 

    Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, l’8 gennaio 1921, primo di tre fratelli, trascorre con il nonno e le zie la maggior parte dell’infanzia e il loro ricordo ricorrerà spesso nelle numerose interviste successivamente rilasciate dall’autore. Nel 1935 Sciascia si trasferisce a Caltanissetta con la famiglia e si iscrive all’Istituto Magistrale IX Maggio, nel quale insegna Vitaliano Brancati. Nel 1941 supera l’esame per diventare maestro elementare. Nello stesso anno lo scrittore è assunto all’ammasso del grano di Racalmuto dove resterà fino al 1948. Nel 1944 sposa Maria Andronico, maestra nella scuola elementare di Racalmuto. Da lei Sciascia  avrà le sue due figlie, Laura e Anna Maria. Pochi anni dopo, nel 1948, il suicidio del fratello Giuseppe lascia un segno profondo nell’animo dell’autore. Nel 1949 inizia ad insegnare nella scuola elementare nel suo paese. Nel 1952 pubblica “Favole della dittatura”. Sempre nel 1952, esce la raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore”, illustrata con disegni dello scultore catanese Emilio Greco. Sciascia vince nel 1953 il Premio Pirandello. Dal 1954 si trova alla direzione di «Galleria» e di «I quaderni di Galleria», riviste edite da salvatore Sciascia editore di Caltanissetta. Nel 1956 esce il primo libro di rilievo “Le parrocchie di Ragalpetra”, a cui seguono nell’autunno del ’58 i tre racconti della raccolta “Gli zii di Sicilia”: “La zia d’America”, “Il quarantotto” e “La morte di Stalin”. Nel 1960 è pubblicata la seconda edizione de “Gli Zii di Sicilia”, a cui s’è aggiunto un quarto racconto, “L’antimonio”. Del 1961 è invece “Il giorno della civetta”, “Il consiglio d’Egitto” (1963), “A ciascuno il suo” (1966) “Morte dell’Inquisitore”(1967), che prende spunto dalla figura dell’eretico siciliano Fra Diego La Matina. Il 1970 è l’anno dell’uscita de “La corda pazza”, una raccolta di saggi. Il 1971 è l’anno de “Il contesto”, seguono “gli Atti relativi alla morte di Raymond Roussel” (1971), “Todo modo” (1974) “I pugnalatori” (1976) e “Candido. Ovvero, un sogno fatto in Sicilia”è del 1977. Arrivano poi i brevi racconti gialli “Porte aperte” (1987), “Il cavaliere e la morte” (1988) e “Una storia semplice”. Pochi mesi prima di morire pubblica “Alfabeto pirandelliano”, “A futura memoria” (pubblicato postumo), e “Fatti diversi di storia letteraria e civile”. Sciascia muore a Palermo il 20 novembre 1989.

    MARCO ANTONIO ALAJMO

    Medico

    Marco Antonio Alaymo nacque il 16 gennaio 1590. Studiò filosofia ed esordì disputando, tanto da imporsi ai suoi contemporanei. Raggiunse Messina, ove allora era famosa la cattedra universitaria di medicina, ed in quell'Ateneo si laureò medico nel 1610, appena ventenne. Nel 1616 pervenne a Palermo e divenne il primo medico della città. Nel 1624, quando la nave «Redenzione» giunse a far dell'Isola nostra un teatro di morte e di squallore, Marco Antonio Alaymo diede prova di grande scienza e di grande filantropia tanto da meritare dai cronisti dell'epoca il titolo di «Salvatore di Palermo». Con profitto adoperò la terebenzina per uso interno e prescrisse areazione e disinfezione con acqua di mare ed aceto. Ebbe incarichi importanti durante e dopo l'epidemia, diede lezioni di clinica medica all'universtà di Bologna. Il Viceré di Napoli, Giovanni Alfonso Enriquez, lo nominò protomedico del regno delle due Sicilie. Morì a settantadue anni in Palermo il 29 agosto 1662 e riposa nella chiesa degli Agonizzanti, a sue spese restaurata negli ultimi anni della sua vita.

    PIETRO D'ASARO

    Pittore

    Pietro d’Asaro nacque a Racalmuto il 10 gennaio 1579 da umili genitori. Brillante disegnatore ed estremamente duttile nella sua opera artistica fu allievo del toscano Filippo Paladini, e la sua opera risente degli influssi della cultura tardo manieristica. Fu cieco dell'occhio destro. Dal 1600 al 1607 compì un viaggio di studi che passando per Napoli lo condusse a Roma e quindi a Genova dove iniziò a mettere a frutto la sua opera dalla quale ricavò una discreta agiatezza. Fatta una discreta fortuna, il pittore tornò a Racalmuto intorno al 1609 e vi visse quasi initerrottamente sino alla morte. Tra le sue opere vanno citate: “San Nicolò” (1613), realizzato per l’omonima chiesa di Palermo, “Il Martirio dei santi San Crispino e Crispiniano” (1618) a Termini Imerese, “Il Miracolo di S. Isidoro Agricola” (1616) a Barrafranca, ”L’immacolata con i SS Francesco e Chiara”, “San Michele Arcangelo” come pure nel 1626 la “Madonna della Catena” e la “Madonna dell’Itria” tutte a Racalmuto. Pietro d’Asaro morì a Racalmuto a 68 anni l’11 giugno del 1647.

    Il Monocolo di Racalmuto di Maria Pia Demma


    LUIGI INFANTINO

    Luigi Infantino è un tenore nato a Racalmuto il 24 Aprile 1921 e morto a Roma il 22 Giugno 1991. Venne avviato sin da ragazzo allo studio della musica e del flauto ed entrò a far parte della banda musicale del paese. Nel 1937 iniziò a studiare, con passione, canto, interrompendo, però, presto gli studi, avendo vinto un concorso musicale come flautista a La Spezia nella banda Regia Marina. Durante la Seconda Guerra Mondiale riprese gli studi al conservatorio di Parma, insieme ad Italo Brancucci, debuttando al Teatro Regio ne La Bohème nel 1943 e nel 1945 al Teatro San Carlo di Napoli e l'anno dopo, in tournée con la compagnia del teatro napoletano, alla Royal Opera House di Londra con Rigoletto, seguito da La Bohème. Nel 1947 venne scritturato alla New York City Opera, interpretando La Traviata, Rigoletto, Madama Butterfly, La Bohème, Il Barbiere di Siviglia, Don Giovanni. Debuttò alla Scala di Milano nel 1948, quando il Teatro fu riaperto subito dopo la sistemazione per i danni che il teatro aveva subito a causa del conflitto bellico ne I Pescatori di Perle e La Cenerentola, riproposta l'anno successivo all'Arena di Verona. Nel 1949 tenne dei concerti in Inghilterra e in Australia, nel 1953 ad Helsinki e nel 1954 si esibì, accanto a Maria Callas, alla Fenice di Venezia. Nel 1961 e nel 1962 al Teatro dell'Opera di Roma in Amleto e ne La Stirpe di Davide. Cantò anche in programmi radiofonici RAI, dove si esibì l'ultima volta ne Il Diavolo in Giardino nel 1973. Ci lascia un'importante eredità musicale, ma ciò che di più prezioso ci ha donato è la figlia Maria Elena, frutto del matrimonio con Raina Nikolova, che con la sua voce e la sua arte di recitazione riesce ad incantare il pubblico di importanti teatri proprio come faceva il padre.

     

    SALVATORE PUMA

    Tenore (clicca e ascolta)

    È nato il 6 Maggio 1920 a Racalmuto e morto a Roma nel Marzo del 2007. Ha studiato canto prima a Parma con Isaia Avanzini e poi a Milano con il baritono Emilio Ghirardini. Ha debuttato il 10 Aprile del 1949 al Teatro Rossini di Pesaro, con Radames in "Aida". Si è esibito nei più importanti teatri italiani: al Festival di Verona all'Arena, al Puccini Festival a Torre del Lago, a Firenze, alle Terme di Caracalla di Roma. Si è esibito anche a Parigi, Strasburgo, Vienna, Bruxelles, Amsterdam, Copenaghen, Malta, Amburgo, Monaco, Zurigo, Bucarest, Budapest, Sophia, Belgrado, Tokyo, Osaka, negli Stati Uniti a Philadelphia, in America Latina in Messico, a Rio De Janeiro e a Santiago del Cile. Si è esibito anche con Maria Callas. In Messico, alla fine degli anni cinquanta, conobbe Lupita Flores, conosciuta anche come Maria Guadalupe, la quale sposò a Milano nel 1958, è stata una celebre interprete di personaggi d'Opera, condividendo il palco con il marito; grazie a lei, che assecondato la volontà di donazione del marito, un'intera collezione di costumi ed oggetti di scena è stata donata e si può ammirare presso il Teatro Comunale Regina Margherita di Racalmuto. I suoi ruoli più importanti furono: Rigoletto, Norma, Lucia di Lammermoon, La Traviata, Aida, Pagliacci.

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